La Stella del Texas (Galveston, Tex.), Vol. 2, No. 25, Ed. 1 Saturday, June 28, 1913 Page: 3 of 8
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La Novella della Domenica
ERCOLE LUIGI MORSELLI
LA VITA È ALLEGRA!..
(Continuazione del numero precedente)
— Basta babbo ! — grido’ Rina
scappando nel retrobottega.
— Come?! — grido’ lui, — se
me fermassi qui ce mancherebbe
er meio ! E che sarebbe sta gra-
zia de Dio, se nun te ritornasse
tutte le sere ’l tu Pippo co le pri-
mizie della vigna, e con la voja de
baciatte !
- Ah ah ! — urlo’ Cecco. — E’
un ber giovane Pippo! un vero
rubacori ! — e riempi’ di nuovo i
bicchieri. — Mo’ che saperne tut-
to, potemo beve con piu’ coscien-
za! — e bevve il secondo d’un sol
fiato.
— Fegataccio sai, signore?
questo Pippo, — continuo’ il gen-
zanese vedendo che il principe lo
guardava come chiedendogli di
seguitare, — fegataccio, si’, ma
giusto, e de core bono! Due pol-
si, a vent’anni, che passano i
miei, cavalcatore, giostratore,
cacciatore che non ha l’eguale...
e Rina... non perche’ sia la figlia
mia... ma e* proprio la donna che
je ce volo... eppoi già’, visti se so
voluti bene!...
-— Io bevo per la felicita’ della
vostra Rina ! — grido’ il principe
roso in volto e Gommoso. — Fate-
mi bere!
E Cecco CO» gran letizia l’ubbi
di’, facendo scolare aììche l’ulti-
ma goccia ella bocca del principe
Poi, prima di bete il suo terzo
bicchiere, lo alzo’ gridando: —
Sicché’ aspettiamo li confetti!
— Bisognerebbe che venissero
presto davvero, — borbotto’ Gi-
gione con un mezzo sospiro, e as-
sicurandosi bene che Rina fosse
lontana per non udirlo.
— Perche’ fece Cecco.
— Perche’ caro mio, quello non
e’ omo da stasse fermo : se nun e’
caccia permessa, e’ caccia de fro-
do! Intanto che aspetta la sua,
ho paura che s’ingegni con le don
ne dell’altri !...
— Quello se capisce ! — inter-
ruppe Cecco ridendo.
— Già’ — disse Gigione, —
ma almeno se le andasse a cer-
cale un po’ distante di qui.
— Che? ci ha niente niente,
quarche giretto qui vicino? —
dimando’ Cecco Ridendo.
— State zitto ! — fece Gigione
dondolando il capo pensieroso. —«
Non ho potuto sapere dove pre-
cìso, ma giurerei che non e’ a
cento metri di qui! So che al-
le nove ha salutato Rina quel
birbaccione, perche’, dice, che
andava su al paese; e invece,
un’ora fa, — e chino’ il capo tra
il principe e Cecco sussurrando
le parole in mezzo ai folti baffi,
—un’ora fa l’ho visto io, qua su
l’angolo, sottoil lampione ; che se
lo sapesse la povera Rina mia, je
verebbe chisa’ che male.
— Nun avete provato a mette
’l zìppolo a quela botte de veleno
la’ —« disse Cecco accennando
con disprezzo al porco che russa
va piu’ forte dì prima, — Quello
sa li fatti de tutti-, garantito.
— Ho provato, nun parla.
— Dateie un paro de pugni bo-
ni, come feci io ’na verta!...
— Ma io ìb So... l’ho indovinato
perche’ noh parla quel “Testaccia
di morto”, -— ribatte’ il genzane-
se soffocando sempre piu’ il suo
vocione, — perche’ quelle tre to-
lette la’ son pagate da lui, da Pi
po... ce giocherei la testa che son
pagate da Pippo... perche’ je ten-
ga mano.
— Poi essere, sicuro! — sen-
tenzio’ Cecco ricaricando i bic-
chieri fino all’orlo, e presentando
poi il litro voto all’oste.
Quando il genzanese l’ebbe ri-
portato pieno, e si fu poi anche
riaccomodato al suo posto solito,
appoggiando il gomito nudo al
banco e la testa alla tozza mano,
dimostrando l’intenzione di li-
cenziare i noiosi pensieri e aprir
le porte a quella brava gente che
sono sogni ; Cecco allora si rivol-
to’ tutto verso il suo strano com-
pagno, con una mossa che pareva
significare : — Finalmente, a noi
due ! possiamo un po’ parlare dei
fatti nostri !
E infatti incomincio’: — Ce
sara’ una cosa che fa piu bene
del vino? Eh?... Già’ ve vedo che
state meio... e avete bevuto sola-
mente due bicchieri... tre con
questo che ve do’ adesso... Che
so’ tre bichieri ? ! robba da ride !
E pure!... — Si fermo’ perche’
s’acorse che senza volere, aveva
ridato del “voi” a quel pezzo
grosso ; e penso’ ridendo di cuore
“Non foss’altro che questo: je ri
do’ del “voi” e manco se n’avvede
...Perche’? perche’ er vino e’ co-
me Dio : pett’a lui so’ tutti uguali
... nun conosce ne’ poveri ne’ si-
gnori.
A meta’ del secondo litro, men-
tre il gènzànéSè si era già’ defi-
nitivamente congedato dai suoi
pensieri, è di Rina il principe non
vedeva piu’ altro che una mano
di tanto in tanto, allungarsi per
prèndere a uno a uno i panni dal
monte del bucato, sotto la luce
verdolina del gas, nella stanzetta
accanto; il cuore di Cecco era
stato stretto da una infinita com-
passione per il suo compagno.
Cosi aveva preso tra le sue una
mano del principe, il quale se ne
era avvisto si’ ma non se n’era
punto meravigliato come di cosa
naturalissima; e gli aveva inco-
minciato a parlare in questo mo-
do:
— Amico! damme retta a me
che te voio bene! Ce giocherei
l’anima che tu ci hai qualche-
duno che te vor male, che te vor-
rebbe vede a magna’ l’erba co’ le
bestie!... e tu je dai la soddisfa-
zione d’ammazzatte !.... E te pa-
re de fa’ ’na bbella cosa?!... Ma
io vorrebbe magna’ e beve co’ li
quadrini che ci hai tu... E sca-
rozzaie davanti da la matina a la
sera.... Uh! ■— e s’addento’ l’in-
dice, — s’averebbero da rivoltar
ne la polvere come i cani, dala
rabbia de vedempne ingrassa’ !
E ccusi’, quanto un ber giorno
er fiele je farebbe ’botto come a
certi morti.... Pah! e te li ve-
dressi a casca’ davanti verdi! E
tu alora gli avressi da mette un
piede addosso, e diije: Ve sta
si’ bene, ve sta, brutti... Come
nun dico giusto?! Che ci ha da
scotere il capo?
-— Io non ho nemici, mio caro,
— disse il principe, senza levare
gli occhi attenti e lucidi da quel
monte di bucato che calava len-
tamente la’ nel retrobottega. —
Ah! impossibile! — sentenzio’
Cecco, — Non ne ho. — ribatte’
l’altro, — oppure non so di a-
verne.
— E alora? Che cerchi?
— Tutto il male che ho avuto
nella vita, —e- disse lentamente il
principe, — me l’anno fatto quei
che m’hanno voluto bene.
— Gli amichi! lì parenti!......
Ammazz..,,
— No, no, no, no, — grido’ il
principe.— No! non si tratta di
falsi amici ne’ di parenti malva-
gi. Sono stati mio padre e mia
madre che m’anno fatto il piu’
gran male!
— Che me dichi?
— Si’ Si’ — continuo’ l’altro
con strazio, — anche mia ma
dre ! M’anno fatto credere in un
mondo che mi piaceva tanto, e
poi sono morti: e io son dieci
anni che brancolo cercando e
frugando per trovare quel moido
la’ capisci? e non lo trovo... non
lo trovo perche’ non c’e’ per-
che’ era una menzogna; tardi,
ma l’ho capito!... eppure che
cosa dovevo fare io se quello
era l’unico mondo dove m’ero
preparato a vivere, era l’unico
mondo dove avrei potuto vive-
re!... Perche’ m’hanno inganna-
to, perche’ io non lo so. Le be-
stie non fanno cosi’ Le bestie
sanno che cosa si deve insegna-
re ai loro picoli perche’ impari-
no a vivere tra le altre bestie,
a nutrirsi, a combattere, a vin-
cere !
Cecco rimase addirittura scon
certato: strinse la boca, chiuse
gli occhi come si accingesse a
pensare. Ma, a un tratto, cam-
bio’ rotta. Afferro’ il litro, riem-
pi’ il bichiere del principe e glie
l’accosto’ alle labbra senza dir
verbo.
Il principe bevve.
— Cosi’ va bene, —- sentenzio’
Cecco. — Finche’ sì fanno dì
quei discorsi li’ e’ segno che non
si e’ bevuto abbastanza!
Ci fu una lunga pausa, du-
rante la quale gii ochi già’ luci-
di del principe sembrarono an-
nebbiarsi e tremare sotto il pe-
so delle palpebre: ma quando
proprio pareva che egli dovesse
addormentarsi, tiro’ fuori una
lunga lunga e strana risata sen-
za rumore, poi disse:
— Sarai deputato, sarai mi-
nistro, ambasciatore, la tua no-
biltà’. la tua figura, il tuo volto
leale, la tua parola franca, i tuoi
studii, i tuoi ideali sublimi ti
porteranno in cima a tutti gli
onori !” cosi’ parlava mia madre
Mio padre poi aveva la specia-
lità’ degli esempi classici!......
[— E abbozzo’ un’altra risata
e poi con furore quasi grido’:
— Ma non sarebbe stato meglio
dirmelo subito a che prezzo si
aprano tutte le porte, a che pat-
to si vinca veramente in questo
mondo ? ! t
E due lacrime discesero bril-
lando sul suo pallore.
Cecco rimase un pezzo a guar-
darlo imbambolato, poi si giro’
sul palchetto scuotendo forte la
testa: e diceva ad alta voce, ma
come tra se’
— Me pare de sogna’ ! S’ha da
di’ male de la vita ! la vorrebbe-
ro piu’ bona, piu’ condiscenden-
te, piu’ allegra! Ma nun lo ve-
devo che tutto quello che arzi-
gogola lo fa per divertirse, po-
verina e pe’ facce ride! E nos-
signori :ce so’ certi ingrati che
vonno piagne pe’ forza, je von-
no fa’ le bocacce! Eeh... eeh....
(e qui faceva certe strane boc-
cace di pianto da neonato). E
ffate come me! che ve possino
brucia’ vivi come Giordano Bru-
no! ffate come me che pijo per
gioco e rido de tutto... capite,
che me spaco dal ride... e man-
co... Che c’e, — fece Cecco rivol-
tandosi mezzo spaventato.
“ Testa de morto”, ancora con
gli occhi mezzi chiusi, lo guar-
dava edigrignava i denti e bia-
scicava come volesse ridere e
parlare.
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Vaiani, Louis. La Stella del Texas (Galveston, Tex.), Vol. 2, No. 25, Ed. 1 Saturday, June 28, 1913, newspaper, June 28, 1913; Galveston, Texas. (https://texashistory.unt.edu/ark:/67531/metapth1178217/m1/3/: accessed July 18, 2024), University of North Texas Libraries, The Portal to Texas History, https://texashistory.unt.edu; crediting Rosenberg Library.