La Stella del Texas (Galveston, Tex.), Vol. 6, No. 28, Ed. 1 Saturday, July 14, 1917 Page: 4 of 4
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LA STELLA DEL TEXAS
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di morte contro chiunque met-
in liberta o facesse fuggire un
ribelle prigioniero) pieni poteri
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4»
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GIACCHETTI
MIDDIES
prigionieri
Lantenac,
Tagliati elegantemente su stof-
fa bianca sopraffine e riccamen-
te di trine resistenti, in vari co-
lori.
Vili
Dolorosa.
I suoi lunghi anni di esercizio provano ad evidenza la solidità e
sicurezza della Banca. Ripiegate a questa Banca per i vostri depositi
La madre intanto andava in cerca
delle sue creature e camminava cam-
minava, In qual modo viveva? Non si
poteva dirlo, ed ella stessa non lo sa-
peva. Camminò giorno e notte; mendi-
co’ e mangiò l’erba, dormi sul nudo
terreno all’aria aperta, ne’ cespugli,
sotto le stelle.... e qualche volta sotto
la pioggia ed il vento-
Ella vagava di villaggio in villaggio,
di fattoria in fattoria, pei’ attingere
notizie. La sua gonnella era in cenci.
Talvolta abbattevasi in chi l’accoglie-
va, talvolta in che la sacciava e quan-
do non poteva entrare nelle case, in-
ternavasi nei boschi.
La sventurata non conosceva il pae-
se, ignorava tutto, fuorché Sisciognard
e la parrocchia d’Aze; non aveva iti-
nerario, rifaceva i suoi passi, ricomin-
ciava una strada pia percorsa, cammi-
nava inutilmente, ora seguiva il selci-
ato, ora le rotaie d’un carretto, ora
sentieruzzi delle macchie. Così viag-
giando a casaccio ella aveva finito di
logorare le già misere vesti. Dapprima
aveva camminato colle scarpe, poi scal
za, poi coi piedi sanguinolenti.
Cacciavasi fra le truppe, tra le fu-
cilate senza udir nulla, senza veder
nulla senza schivar nulla, in cerca de’
suoi figli. Siccome tutto era in rivolta,
non v’erano più gendarmi nè magistra-
ti civici nè autorità. Non poteva rivol-
gersi che ai viandanti.
(Continua.)
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presentate da due uomini aventi cia-
scuno influenza ed autorità propria,
uno comandante militare, l’altro dele-
gato civile ; quale di questi due uomini
meglio riuscirebbe? Di questi due uo-
mini uno, il delegato, aveva terribili
punti d’appoggio; egli era giunto ap-
portatore della minacciosa consegna
del Comune di Parigi ai battaglioni di
Santerre. (Non si taccia grazia, non si
dia quartiere!) Per sottoporre tutto
alla sua autorità egli aveva il decreto
della
pena
tesse
capo
emanati dal Comitato di salute pub-
blica ed una ingiunzione di obbedire
al delegato a lui sottoscrìtta; Robes-
pierre, Danton, Marat. L’altro, il sol-
dato, per sè non aveva che questa u-
nica forza la pietà .
Non aveva per sè che il proprio
braccio, poiché batteva i nemici, ed il
proprio cuore che faceva loro grazia
Vincitore, egli si credeva in diritto di
risparmiare i vinti.
Di qui un conflitto latente, ma pro-
fondo, tra questi due uomini. Combat-
tevano ambedue la ribellione, e cias-
cuno aveva il propro fulmine speciale,
uno la vittoria, l’altro il terrore.
In tutto il Bocage non si parlava
che di loro; e ciò che accresceva l’an-
sieta, degli sguardi fissi su di essi da
ogni parte, era che questi due uomini
sì assolutamente opposti, apparivano
al tempo stesso strettamente uniti.
Queste due antagonisti erano due ami-
ci e mai simpatia più alta e senti-
ti aveva avvicinati due cuori; lo pietà
le aveva salvata la vita al mansueto,
e sul viso ne portava la prova. Cosx
toro incarnavano uno la morte, l’altro
la vita e si amavano. Strano problema.
Aggiungiamo che quello dei due che
chiamavasi il (feroce) era ad un tem-
po il più fratellevole degli uomini; eg-
li medicava i feriti assisteva i malati,
passava i giorni e le notti nelle ambu-
lanze e negli ospedali, s’inteneriva al
vedere i fanciulli andare scalzi, non
aveva nulla di suo e dava tutto ai po-
veri. Non mancava ai combattimenti;
marciava in testa alle colonne e cac-
ciavasi nel folto della mischia armato,
poiché aveva alla cintola la sciabola
e due pistole, e disarmato, poiché’ nes-
suno lo aveva mai veduto sguainare la
sciabola o toccare le pistole. Dicevasi
che era stato prete.
Uno di tali uomini era Gauvain;
l’altro Cimourdain.
L’amicizia esisteva fra i due uomini,-
ma esisteva pur l’odio fra i due princi-
pi; questa sorda guerra non poteva a
meno di scoppiare.
• Una mattina la battaglia cominciò.
Cimourdain disse a Gauvain.
• — A che punto siamo?
!■ Gauvain rispose.
— Voi lo sapete al pai’ dime. Io ho
t disperse le bande di Lantenac ed egli
l non ha più con se che pochi uomini,
) eccolo ridotto alla foresta di Fougères-
■ Tra otto giorni sarà circondato.
Dopo alcune settimane trascorse
nel va e vieni della guerra civile, nel
paese di F'ourgeres non si parlava che
di due uomini, l’uno l’opposto dell’al-
tro, e che tuttavia adempievano allo
stesso compito-, cioè combattevano al
fianco la gran battaglia rivoluzionaria.
Il selvaggio duello vandese continu-
ava, ma la Vandea perdeva terreno.
NellTlle-et-Vilain, specialmente, per
virtù del giovane comandante che a
Dol aveva risposto sì a proposito all’a-
dacia, dei seimila realisti coll’audacia
dei mille e cinquecento patrioti, l’in-
surrezione, se non ispenta, era almeno
diminuita di molto e assai circoscrit-
ta. Le cose eran cambiate d’aspetto,
ma era sopraggiunta una bizzarra co-
municazione.
In tutta questa parte della Vandea
la repubblica aveva il sopravvento
ciò era fuori di dubbio; ma quale re-
pubblica? Nel trionfo che da lontano
disegnavasi camminavano di conserva
due forme della repubblica; la repub-
blica del terrone e la repubblica della
clemenza, l’una che voleva vincere col
rigore. l’altra colla dolcezza. Quale
prevarrebbe? Le due forme erano rap-
AI NOSTRI AMICI:
Voi cercate naturalmente di risparmiare quanto piu’ sia possibile e perciò’ non
dovete trascurare l'occasione che vi si presenta, elee’ quella di poter comprare di-
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VII
I due poli del vero.
estirpa il poteree reale nel re, l’aristo-
crazia nel nobile il dispotismo nel sol-
dato, la superstizione nel prete, la bar-
barie nel giudice in una parola tutto
ciò che è tirannia in tutto ciò che è
il tirranno. L'operazione è spaventosa,
ma la rivoluzione la eseguice con ma-
no sicura. Quanto alla quantità di car-
ne sana che essa sacrifica, chiedi a
Boerhave il suo avviso in proposito.
Qual’è il tumore da tagliere che non
cagioni una perdita di sangue? Quale
incendio da spegnersi non esige la sua
parte di fuoco? La rivoluzione si sa-
crifica alla sua opera fatale. Essa mu-
tila ma salva. Che! voi le chiedete
grazia pel veleno ! volete che sia cle-
mente per ciò che è velenoso! essa
non ascolta. Ha in suo potere il pas-
sato e la farà finita con esso. Essa
fa alla civilità un’incisione profonda,
da cui uscirà la salute del genere del
umano. Voi soffrite? senza dub-
bio. Quanto tempo ciò durerà? il tem-
po delle operazione. In seguito vivre-
te- La rivoluzione amputa il mondo e
ne consegue l’emorragia, il novantatre
— Il chirurgo e tranquillo, disse Gau-
vain, e gli uomini ch’io vedo sono vio-
lenti.
— La rivoluzione replico’ Cimour-
dain vuole pei’ aiutarla operai feroci.
Essa respinge qualsiasi mano che tre-
mi non ha fiducia che negli inesorabi-
li. Danton e il feribile, Robespierre è
l’inflessibile, Saint-Just è l’irriducibile
Marat è l’implacabile. Guardati, Gau-
vain Questi nomi sono necessari e per
noi valgono eserciti. Essi atterriranno
l’Europa.
— E fors’anco l’avvenire, disse Gau-
vain.
Egli si fermò e aggiunse;
— Del resto, maestro mio voi sie-
te in errore, io non accuso alcuno. Se-
condo me, il vero punto di vista del-
la rivoluzione e l’irresponsabilità. Nes-
suno è innocente, nessuno è colpevole.
Luigi XVI è una pecora gettata tra i
leoni : Essi lo divorano e ciò fattoba-
stonansi fra loro.
— La pecora è una bestia.
— E il leoni che cosa sono.
La replica fece riflettere Cimourdain
Questi rialzò il capo e disse.
— Quei leoni sono coscienze,
idee sono principi.
— Bissi fanno il Terrore.
— Un giorno la Rivoluzione sarà la
giustificazione del Terrore.
— Paventate che il Terrore non sìa
la calunnia della Rivoluzione.
E Gauvain aggiunse.
— Libertà, Eguaglianza, Fratellanza
sono dogmi di pace e di armonia. Per-
chè dar loro un aspetto spaventoso?
Che vogliamo noi? Conquistare i po-
poli alla repubblica universale. Ebbene
non facciamo loro paura. A che inti-
midarli Non bisogna far il male per
i far il bene Non si rovescia il trono
per lasciar rizzato il patibolo. Morte
- ai re e vita alla nazioni. Abbattiamo
i le corone, risparmiamo le teste. La
rivoluzione è la concordia e non lo
spavento. Le idee dolci sono mal con-
cretate dagli uomini clementi. Amni-
t stia è per me la più bella parola del-
; la lingua umana. Del resto non so
combattere, io sono un semplice
dato. Ma se non si può perdonare,
torna il conto di vincere. Siamo
rante la battaglia i nebici dei nostri
nemici e dopo la vittoria i loro fratelli.
— Guardati, ripetè Cimourdain per
la terza volta, Gauvain, tu sei per me
più che un figlio, guardati.
E aggiunse meditabondo.
— Nei tempi come i nostri la pietà
può essere una forma del tradimento.
Nell’udir parlare questi due uomini
sarebbisi creduto di udire il dialogo
della spada e della mannaia.
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positivamente solida. Questa Istituzione è
forte per II suo sistema di lavoro, fatto essenziale e indispensabile ad
una buona Banca. Più vecchia In Galveston, ha il più gran numero
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Cassiere -- E. KELLNER, Assist. Cassiere
— E fra qunindici giorni?
— Sara preso.
— E poi?
—Avete letto il mio avviso? Sarà
fucilato.
—E, sempre clemenza! Bisogna che
sia ghigliottinato.
— Io, disse Gauvain, sto per la mor-
te rivoluzionaria.
Cimourdain guardò Gauvain in fac-
cia e gli disse.
— Perche hai fato mettere ir. libertà
le monache del convento di San Mar-
co il Bianco?
— Io non faccio la Guerra alle don-
ne, rispo e Gauvain.
— Quelle donne odiano il popolo; e
nell’odio una donna vale dieci uomini.
Perchè hai rifiutato di mandare al Tri-
bunale rivoluzionario tutto quel branco
di vecchi preti fanatici presi a Louvig-
nè.
— Io non faccio la guerra ai vecchi.
— Un vechio prete è peggiore d’un
giovane e la ribellione è più pericolo-
sa predicata dai capelli bianchi. Fini-
amola con la falsa pietà, Gauvain. I
regicidi cono i liberatori. Tien l’occhio
fisso sulla torre del Tempio.
— La torre del Tempio; Ne farei
uscire il Delfino. Io non faccio la guer-
ra ai fanciulli.
— Gauvain sappi che bisogna far
la guerra alla donna quand’ella si chi-
ama Maria Antonietta, al vecchio
quando si chiama Pio VI papa, ai fauci
ulli quando si chiama Luigi Capete.
— Maestro, io non sono un uomo po-
litico.
— Procura di non essere un uomo
pericoloso. Perchè all’attacca del pos-
to di Cossè quando il ribelle Giovanne
Treton, stretto e perduto si precipitò
da solo sciabolo in pugno, contro tutta
la colonna bai tu gridato; Aprite le
file. Lasciate passare.
— Perche non ci si mette in mille-
cinquecento per uccidere un uomo.
— Perche alla Cailleterie d’Astillè,
quando hai veduto che i tuoi soldati
stavano per uccidere il vandese Giu-
seppe Bèzier, che era ferito e pur si
trascinava ancora hai gridato; Andate
avanti; Quest’e affar mio, e hai sca-
ricata la pistola in aria.
— Perche non si uccide un uomo a
terra.
— Ed hai avuto torto. Ambidue sono
è Moustache, e Giovanni Treton è
oggi capi di bande; Giuseppe Bèzier
Jambe d’Argent. Nel salvare coloro hai
dato due nemici alla Repubblica. Per-
chè, dopo la vittoria di Landèan non
hai fucilato i trecento contadino prigi-
onieri.
— Perchè siccome Bonchamp ha fat-
to grazia ai prigionieri repubblicani,
io ho voluto si disse che la Repubbli-
ca fato grazia ai
— Ma allora se
grazia.
— No.
— Perchè? Dal
,. risparmiato i trecento contadini?
• j — I contadini sono ignoranti; Lan-
, tenac sa quello che si fa.
— Ma Lantenac è tuo congiunto!
— La Francia è la grande congiunta.
— Lantenac è vecchio.
— Lantenac è uno straniero, non
ha età’, chiama gli Inglesi è l’invasore
> è il nemico della patria. Il duello fra
i lui e me non può finire che colla, sua
, | morte o colla mia,
—- Gauvain ricordati di questa pa-
rola.
— L’ho data.
Succedette un momento di silenzio
ambedue si guardarono.
Gauvain riplegliò
— Sarà una data sanguinosa questo
novantatre in cui siamo.
— Bada, esclamò Cimourdain; I do-
veri terribli esistono, non accusare chi
non è accusabile. Ciò che contraddis-
tingue quest’anno enorme è Tesser
senza pietà. Perchè? Perchè è il gran-
de anno rivoluzionario. La rivoluzione
ha un nemico il mondo vecchio e dessa
è senza pietà per lui così come il chi-
rurgo ha un nemico la cancrena, ed
è per essa senza pietà. La. rivoluzione
Il Dipartmento Estero
della Texas Bank & Trust Company, sarà
aperto fino alle 5 p. m. di ogni sabato per
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sibilitati di venire alla Banca durante le ore
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♦*•4*4*4* 4*4*4°Ì*,4<4*444*4*4*4*4*4*4*4<4*4*4*4*444*4*4*4*44444**ì*4*4*
— Per disgrazia io sono vecchio e
non cammino più. Dopo un quarto d’o-
ra le forze mi mancano e son costretto
a fermami. Altrimenti potrei accom-
pagnarvi. E forse un bene che non lo
possa. Per voi sarei più pericoloso che
utile, qui appena tollerato; ma sono
sospetto agli azzurri come contadino
e ai contadini come stregone.
Egli attese una risposta, ma essa non
alzo neppure gli occhi.
Un’idea fissa conduce alla pazzia o
all’eroismo. Ma di quale eroismo può
può esere capace una povera contadi-
na? Di nessuno. Ogni giorno l’infelice
perdevasi sempre più nelle sue fantas-
tichierie e Tellmarch la osservava.
Egli tento’ di occuparla; le portò
del refe, degli aghi un ditale; e infat-
ti con gran soddisfazione del povero
Caimard, ella si mise a cucire; pen-
sava la disgraziata, ma lavorava, seg-
no di salute le forze le ritornavano a
poco a poco ella raccomodò le sue bi-
ancherie, le sue vesti le sue scarpe,
ma la sua pupilla rimaneva vitrea,
Mentre cuciva ella canticchiava can-
zoni intelligibili e mormorava dei
nomi, probilmente il nome dei figli,
ma non abbastanza chiaramente per-
che Tellmarch li disse. Ella interrom-
pevasi, ed ascoltava gli ucceli, quasi
che avessero notizie da darle, e guar-
dava il tempo. Parlava seco stessa
a basa voce. Fece un seco e lo empì
di castagne.
Una mattina Tellmarch la vide met-
tersi in cammino coll’occhio fisso
caso nella profondità della foresta.
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Marchi, G. La Stella del Texas (Galveston, Tex.), Vol. 6, No. 28, Ed. 1 Saturday, July 14, 1917, newspaper, July 14, 1917; Galveston, Texas. (https://texashistory.unt.edu/ark:/67531/metapth1183242/m1/4/: accessed July 18, 2024), University of North Texas Libraries, The Portal to Texas History, https://texashistory.unt.edu; crediting Rosenberg Library.